mercoledì 29 ottobre 2014


Halloween in Italia si chiama Lumera

La tradizionale festa della Lümera trova il proprio fondamento nei nostri antenati: nelle prime civiltà era diffusa, infatti, la convinzione che nelle lunghe notti d’inverno, in cui i giorni si accorciano, ci fosse un cedimento della barriera che divideva il mondo dei vivi da quello dei morti. Così i vivi lasciavano fiaccole, falò e lanterne sui sentieri di casa per agevolare gli spiriti a ritrovare la strada delle proprie abitazioni, dove ci sarebbe stato un piatto caldo ad attenderli. 
E’ una ricorrenza “nostrana”, che, a differenza di Halloween, non è vissuta come un carnevale in maschera, bensì come un momento di raccoglimento in memoria dei nostri cari che ci hanno lasciato. Tutto ciò assaporando dolci alla fioca luce della lümera. 
L’usanza di intagliare la lümera, una zucca a forma di faccia paurosa per scacciare i demoni e la cattiva sorte.  
Ai tempi dei nostri nonni, il 31 ottobre le campane delle chiese suonavano una melodia un po' tetra, fino a notte inoltrata. Ed era tradizione portare ai campanari vino, castagne e patate americane. Infine con le lümere accese e le campane che suonavano si poteva scoprire chi erano le “streghe” del paese. 
Attualmente pochi ricordano la Lümera, ma questa era una festa molto diffusa in tutto il nord-Italia, probabilmente derivata da quella di Samhain di celtica memoria, in cui si soleva accendere un cero all’interno di una zucca o di una rapa, per illuminare la strada alle anime degli avi che volevano comunicare con noi.

Hallowen è la Festa dei morti, delle profezie dell'aldilà, ma anche la festa delle luci per gli Europei del Nord.
Giochi, travestimenti, oracoli e le spettrali zucche, con i tradizionali dolci alle spezie e il vino nuovo, accompagnano la vigilia del Capodanno Celtico, che riapre il ciclo annuale nel momento più oscuro dell'anno. 
Halloween, la notte delle streghe, la notte in cui tutto può succedere, è la vigilia del Samain, che si conclude l’11 novembre, noto, in Italia, come estate di San Martino. E’ l’ultimo periodo utile per i raccolti tardivi, prima di mandare in letargo i campi, da risvegliare con la semina, in primavera. Una sorta di capodanno dilatato in 10 giorni (1/11 novembre), in cui si conclude il ciclo della luce e se ne apre un altro, alquanto oscuro.
La tradizione cristiana ha mutuato la festa di Ognissanti, celebrata il 1 novembre, da quella pagana in cui gli antichi celti rendevano omaggio ai loro dei per il raccolto fruttuoso e facevano riti propiziatori per ingraziarsi il nuovo anno alle porte che coincideva con la stagione invernale, buia, fredda e spoglia, spesso simboleggiata dalla morte. Nella notte tra il 31 ottobre e l’1 novembre, quindi, anche gli dei rendono un servizio agli uomini: il velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti si assottiglia, permettendo ai defunti di tornare sulla terra.

Novembre, il penultimo mese dell'anno, che i popoli nordici chiamavano la Luna delle Brume, si apre con una serie di tradizioni legate al regno dei morti e alla speranza della resurrezione.
Si è fissato, per comodità, il giorno 1 novembre come giorno di Samhain, la più conosciuta festa celtica, la fine dei lavori nei campi e la celebrazione del Fuoco della Pace. Con questa festa inizia la "stagione del freddo" o "dell'assenza di Luce" o "della luce decrescente delle stelle e della Luna". 
Era una delle due stagioni in cui era diviso l'anno: l'altra si chiamava "della luce". 
Inizia la stagione di comunicazione con i mondi intermedi: i grandi Deva sono ormai tornati completamente al ciclo di contemplazione interiore e di pace. 
Anticamente si ricordava Sammhain intorno al giorno 8 ed era una festività in cui si accendeva il fuoco rituale, lo si spegneva per poi riaccenderlo l'indomani: per sottolineare l'dea del capodanno come giorno chiuso, fuori dal tempo.
Ogni anno, in questo giorno, hanno luogo tutti gli avvenimenti magici, leggendari. Gli spiriti e gli elementali invitano gli umani a trascorrere la notte sulla collina delle delizie e gli uomini scrivono messaggi per i defunti che il fuoco porta nell'aldilà.
In questo giorno si soleva far passare il proprio bestiame, per purificarlo e per preservarlo dalle malattie, attraverso un fuoco formato da legna di sette tipi diversi ed acceso con un tizzone di tasso. Era una festa al di fuori del tempo, con grandi bevute, cui si credeva partecipassero i defunti che, per la legge dei contrari, portavano vita e, in alcune regioni, anche dolci e doni. Era una festa che ricordava quella dei Saturnali romani.
La tradizione nordica dedica questo giorno ad Odino, signore dei morti, e al corteo dell'Hodening, il cavallo selvaggio.
Corollario di Sammhain sono i falò e gli oracoli, in particolare le "rune" che vengon ancor oggi utilizzate con fini divinatori e magici.


Il 2 è la giornata dedicata ai Morti. Si diceva che durante questa notte essi tornassero alle loro case: per questo in molti paesi si lasciava la tavola apparecchiata per loro. In Sicilia, nella notte tra l’1 e il 2, “I Morti” portavano doni ai bambini: bambole di zucchero, frutta martorana (frutta di marzapane), dolci a forma di ossa per ricordare ai bambini che i defunti non solo non devono far paura, ma sono sempre con noi e sempre pronti ad offrirci quello che ci piace.

La Chiesa Cattolica di tutte queste belle usanze al solito ha fatto un bello scempio.